27 marzo 2019

Export: agroalimentare in crisi, crolla il lattiero caseario



Export regionale in netta frenata in Sardegna. Se l’Italia chiude il 2018 con una crescita delle esportazioni del 3,5% (assai inferiore al risultato eccezionale del 2017, +7,4%, ma comunque maggiore del risicato +1,2% del 2016) dagli ultimi dati risulta notevolmente ridimensionata anche la crescita della Sardegna (+6,8%). Dopo l’aumento record del 2017 (+28%), nel 2018 le esportazioni isolane si stabilizzano su un valore di 5,7 miliardi (includendo anche i prodotti petroliferi): 358 milioni in più rispetto ai valori del 2017.

E’ quanto si evince dall’ultimo report del Centro studi della Cna sul trend delle esportazioni della Sardegna. A segnare lo stop dell’export sardo è stata per lo più la drammatica crisi del settore agroalimentare ed in particolare il crollo del comparto lattiero-caseario. Viceversa a sostenere la modesta crescita delle esportazioni dall’isola ha contribuito la buona performance del comparto chimico-farmaceutico, che dopo il +57% del 2017 realizza una notevole crescita anche nel 2018 (+27%). Confermato anche il trend positivo del comparto metallurgico (+8,3%), in sostenuta crescita ormai da quattro anni (+7% nel 2015, +2,8% nel 2016 e +13% nel 2017).

“Il carattere fortemente specializzato dell’export regionale, sia al livello geografico sia al livello di prodotto, espone il settore agroalimentare della Sardegna ai rischi derivanti dalle fluttuazioni dei prezzi delle materie prime e dei tassi di cambio (e quindi del prezzo di vendita), oltre che a politiche commerciali sfavorevoli messe in atto dei suoi partner principali”, commentano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna. “I recenti sviluppi fanno pensare che nei prossimi anni gli Stati Uniti possano perseguire una politica di sempre maggiore chiusura verso le importazioni europee, scatenando una guerra tariffaria al livello globale. Non va poi trascurato che quest’anno è prevista la Brexit, con il rischio di un’uscita disordinata dall’UE della Gran Bretagna che rappresenta il sesto/settimo mercato di sbocco per l’export agroalimentare sardo. Appare quindi fondamentale – proseguono Piras e Porcu - diversificare i prodotti, investendo sullo sviluppo del settore agroalimentare nel suo complesso, promuovendo l’accesso ai mercati internazionali di altre produzioni oltre a quelle lattiero-casearie. Le produzioni regionali di qualità del comparto enologico, pastario, oleario, etc., sono ancora poco conosciute all’estero e hanno un ampio potenziale di crescita. La strategia di promozione del brand dei prodotti caseari può rappresentare un riferimento per lo sviluppo degli altri settori merceologici, ma occorre anche diversificare i mercati di sbocco, facendo leva sulla qualità riconosciuta e sulla specialità della tradizione sarda e supportando le piccole imprese nel difficile percorso che porta all’internazionalizzazione. D’altra parte anche mercati fino ad ora poco inclini all’import agroalimentare di prodotti occidentali, ed italiani in particolare, sono destinati a crescere rapidamente. La nuova classe media di paesi come India o Cina (senza dimenticare la Russia post sanzioni o il Sud America) rappresenta il potenziale consumatore di prodotti sardi in un futuro ormai prossimo. A partire dal 2009 la Cina ha sperimentato un vero e proprio boom di importazioni di prodotti agroalimentari (+230%), in particolare dall’Italia, un trend di crescita che, a giudicare dai programmi per la creazione di corridoi commerciali come la Via della Seta, è ragionevole ritenere possa proseguire anche in futuro”.


CS - Export 26_03_19.pdf RS - Export 26_03_19.pdf
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