Il 74% dei turisti stranieri sceglie la Sardegna per il sole, il mare e le spiagge, mentre soltanto l’8% arriva nell’isola attratta dalle sue bellezze artistiche, culturali o archeologiche. Un dato estremamente drammatico se si compara con il 54% dei turisti internazionali attratti dal patrimonio artistico della Sicilia, il 34% della Calabria o il 30% della Puglia. La Sardegna – nonostante una teorica volontà politica di destagionalizzare l’offerta turistica, non riesce a superare lo stereotipo di una terra attrattiva solo per il mare e le spiagge. E non certo per la mancanza di siti culturali (si pensi alle decine di migliaia di siti archeologici, ai numerosi musei sparsi nel territorio, ai parchi archeologici minerari, al fascino dei paesi dell’interno con i loro record di longevità, all’arte e ad un artigianato artistico unico nel panorama europeo) per i quali la nostra regione non ha nulla da invidiare nemmeno alla rinomata Sicilia (248 contro i 257 della Sicilia censiti nel 2015).
La difficoltà della Sardegna ad affrancarsi da una forte stagionalità e da un’immagine unicamente incentrata sul sole e sulla bellezza del proprio mare è il dato più significativo che emerge dal Dossier sul Turismo internazionale in Sardegna realizzato dal Centro studi della Cna Sardegna per approfondire un fenomeno che, grazie ad un aumento di quasi quindici punti percentuali in dieci anni (dal 32% del 2006 al 46% del 2015 in termini di arrivi nelle strutture ricettive), rappresenta ormai un fattore strutturale per l’economia isolana.
“Una strategia efficace di destagionalizzazione del turismo regionale deve guardare ai mercati internazionali, promuovendo un’offerta che sia in grado di intercettare una domanda in rapido mutamento e alla ricerca di modalità alternative e innovative per trascorrere le proprie vacanze”, spiegano Pierpaolo Piras e Francesco Porcu, rispettivamente presidente e segretario regionale della Cna Sardegna, commentando il dossier -. “Il problema della Sardegna, oggi, è riuscire ad affrancarsi da un’immagine unicamente incentrata sul sole e sulla bellezza del proprio mare. Nonostante in questi anni sia cresciuta la quota di turisti internazionali, l’elemento di forte stagionalità di fatto persiste; una circostanza che non sorprende, dato che, come visto nell’analisi, quasi il 75% dei viaggatori stranieri arriva in Sardegna con l’idea di trascorrere una vacanza balneare. Anche nel confronto con altre realtà del Sud, nel turismo della Sardegna manca l’elemento storico-culturale e artistico, fortemente presente, ad esempio, in regioni competitor come la Puglia e la Sicilia dove le presenze straniere sono distribuite più omogeneamente nel corso dell’anno. Alla nostra regione non manca certo il patrimonio, ma la consapevolezza, e forse anche la volontà, di puntare sulle sue enormi ricchezze e sul rinnovamento di un’immagine ormai stereotipata”.
Secondo Piras e Porcu la Sardegna ha comunque le caratteristiche per giocare un ruolo da protagonista anche su altre nicchie emergenti: turismo enogastromico, in primo luogo, ma anche turismo sportivo e turismo naturalistico e della salute, a cui si deve aggiungere il ruolo potenzialmente strategico della cosiddetta meeting-industry, ovvero congressi, convegni, fiere, un comparto che come si è visto oggi è del tutto assente nell’offerta turistica regionale. “Per cogliere le sfide del mercato – concludono i vertici della Cna sarda – è necessario promuovere un’immagine nuova e moderna dell’isola, indirizzata ad un target turistico che vada oltre la classica vacanza in un resort o in un villaggio vacanze. Inoltre la valorizzazione delle filiere agroalimentari e dell’artigianato tipico deve essere elemento centrale per una strategia di medio-lungo termine efficace e funzionale ad un’idea di sviluppo turistico moderno, equilibrato e sostenibile”.